Sicilia - Il Val di Noto

Si incontrano il carrubo, la vigna, l'uliveto e i mandorli sulle elevazioni degli Iblei, da mare a mare. Il carattere distintivo è tuttavia nelle architetture e nelle soluzioni urbanistiche delle città, fiore inatteso di una radice avvelenata, il terremoto. La catastrofe colpì l'11 gennaio 1693, sconvolgendo tutto l'angolo sud-orientale dell'isola, fino grossomodo alla congiungente Gela- Taormina; vi furono sessantamila vittime, restarono distrutte quasi completamente Acireale, Catania, Lentini, Augusta, Siracusa, Noto, Ragusa e una sessantina di centri minori. La ricostruzione ha dato risultati in cui si possono tuttora leggere insegnamenti. Per non dire di Catania, fuori di questo itinerario, gli esiti sono da vedere a Vittoria, Ragusa, Mòdica, Noto. Specialmente nell'ultimo luogo. Qui la città fu addiritura ripensata in nuovo sito, distante dalle rovine dell'antica. Il piano ebbe molti consulenti, forse vi predominano le intenzioni del gesuita Angelo Italia ed è geniale per essere sorretto non dall'incrocio di due strade principali ma dal correre di una via in costa della collina a cui le altre scendono scandendone scenografici spazi.

Il linguaggio barocco ha in questi luoghi fantasiose, gradevolissime inflessioni; resta tuttavia da determinare quanto contribuiscano all'effetto il sole ardente, il cielo chiaro, la luce e la natura di Sicilia. Si termina il viaggio a Siracusa: le emozioni sono del tutto diverse, in pochissimi altri luoghi l'antico, la 'grecità' sono tanto clamorosamente presenti.
Percorso

Si va sulla statale 115 (Sud-occidentale sicula) da Gela a Còmiso, Ragusa e Mòdica. Qui, per strada panoramica minore, si raggiungono Cava d'Ìspica e poi Rosolini, dove si ritrova la statale 115. Sempre lungo quest'ultima arteria si corre poi in direzione nord-est, verso Noto e Siracusa, meta finale dell'itinerario proposto.

Soste

Gela: il Museo archeologico regionale e le fortificazioni di capo Soprano documentano della Gela greca; la città attuale di aspetto moderno è l'erede della Terranova di Federico II.
Vittoria, fondata al principio del '600 su regolare scacchiera, ha impronta barocca settecentesca, come le altre città dell'itinerario, rinnovate dopo il terremoto del 1693; a km 19, alla foce dell'Ippari, le rovine di Camarina (vedi Vittoria), colonia greca siracusana.
Còmiso: barocca nell'insieme, con scenografiche chiese e una sorgente che sgorga in piazza nella fontana di Diana. Ragusa: l'una parte a ordinato reticolo è moderna, l'altra, Ragusa Ibla, antica d'impianto, prevalentemente barocca; nella prima il Museo archeologico ibleo, nella seconda l'ambiente architettonico ha la nota più alta nella facciata a torre del S. Giorgio di Rosario Gagliardi.

Mòdica, con forma “a ypsilon” attorno allo sperone rupestre e nelle due gole, è pure di atmosfera barocca; è data a Rosario Gagliardi la facciata a torre della chiesa di S. Giorgio.
Cava d'Ìspica (vedi Mòdica): necropoli, dimore rupestri, catacombe, sacelli, dall'antica cultura sicula al medioevo e oltre, si susseguono nell'aspra spaccatura del tavolato calcareo, lunga km 13.
Noto: gli scenari barocchi settecenteschi caratterizzano la cittadina sul declivio dei monti Iblei, costruita con univoche intenzioni artistiche dopo il devastante terremoto del 1693. A km 16 verso l'interno, le rovine di Noto Antica (vedi Noto) m 420, abbandonata dopo il sisma; a km 7 la spiaggia di Lido di Noto (vedi Noto) e, in prossimità, accanto alla foce del Tellaro le rovine di Eloro, città greca. Àvola, tra le settecentesche architetture, qualche interessante episodio della stagione liberty. Siracusa: la forma urbana con il nucleo vecchio sull'isola di Ortigia tra i due porti, le vaste vestigia dell'antica città dei Corinzi, potentissima e ricca, sparse nell'abitato e fuori in un paesaggio di molteplici incanti.

Curiosità

A Gela Eschilo compose forse la sua ultima tragedia “Le Etnee”, l'ottantesima più o meno (sette, come si sa, quelle sopravvissute) e morì, sessantanovenne. Era nato nel 515 a.C. nel demo di Eleusi e aveva preso parte a tutte le battaglie per la libertà della Grecia contro i Persiani. A Maratona (490 a.C.) si era battuto insieme al fratello Cinegire, morto da accanito eroe, ed era stato ferito; con l'altro fratello Aminia era sulle triremi di Temistocle nelle acque di Salamina (480 a.C.), dove al colmo della mischia navale “il mar vedersi / più non potea, ché tutto era coperto / di naufraghi e di strage...” (“I Persiani”, messi in scena forse otto anni dopo); non mancò infine a Platea (479 a.C.). Aveva vinto il primo concorso drammatico a trent'anni contro Pratina dorico; riportò la corona molte altre volte e nel 468 era stato superato da Sofocle.
Dopo la morte (456 a.C.) gli Ateniesi gli erigeranno una statua nell'agorà e incaricheranno speciali magistrati di custodire i testi delle opere, non venissero corrotti andando per le scene. L'oracolo gli avrebbe predetto: “Ti ucciderà una freccia scagliata dal cielo”. Secondo quanto tramanda Valerio Massimo, la morte rispettò il vaticinio in modo casualmente bizzarro: un'aquila lasciò cadere una tartaruga sul cranio calvo del vecchio trageda, scambiandolo per una roccia su cui romperla, e lo uccise. L'epigrafe che morente sarebbe riuscito a formulare per se stesso lo rivela orgoglioso, più che della fama poetica, del valore di cittadino soldato: “Giace sotto questa pietra Eschilo, figlio di Euforione. Nato in Atene, morì nelle pianure alberate di Gela. Dica la selva tanto famosa, la selva di Maratona, e il medo dall'ondulante chioma se fu valoroso: lo hanno visto”.

Le informazioni sull'itinerario sono tratte dalla Guida Touring Club Italia