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Caronda
Vissuto nel quinto secolo a.C. Fu il più antico e famoso
legislatore. Diede savie e profonde leggi, non solo alla
Sicilia, ma alla Magna Grecia. Fondò la prima accademia,
detta degli Onisipii, ove si raccoglievano cittadini insigni
per intelletto e costumi. Fu il primo che consacrò nelle
leggi lobbligo dello Stato di provvedere gratuitamente
alleducazione della gioventù. Istituì a Catania il primo
ginnasio per lo studio della letteratura greca. Le sue leggi
sono state esaltate anche dal moderni, quali Tommaseo,
Gioberti e altri. Secondo la leggenda, Caronda si uccise per
avere violato una legge da lui stesso data, la quale sanciva,
pena di morte, che nessun cittadino potesse partecipare armato
alle pubbliche assemblee. Il suo sepolcro a Catania esisteva
sino al 1740.
Benedetto Civiletti
(1845-1899)
Sommo scultore Palermitano. Allievo di Benedetto Delisi e del
Dupre. Fu il maggiore esponente dello stile verista; Molto
lavorò nella sua breve esistenza e produsse con straordinaria
fecondità. Ventottenne realizzò il gruppo «Canaris»
celebrando lindipendenza greca: gruppo premiato con
medaglia doro a Parigi, e gli procurò grandi onori in
Italia e allestero. Ultimo suo lavoro «La Tragedia»
(leone a destra guardando) dello scalone del Teatro Massimo di
Palermo: opera di superba concezione. Artista geniale, padrone
della linea e del tocco, disseminò in pubbliche piazze, in
cimiteri e fuori di Sicilia opere dindiscusso valore.
Francesco Crispi (Ribera 1818 - Napoli 1901)
Patriota e statista italiano Fu tra i fautori della costituzione del 1848, e tra i
propugnatori di un federalismo
italiano in cui fosse riconosciuto alla Sicilia unesplicita
autonomia. Eletto deputato voto contro la dinastia borbonica.
Sopravvenuta la reazione, andò in esilio in Piemonte, dove
esercitò il giornalismo. Ma ne fu espulso per le sue tendenze
repubblicane. Da Malta si trasferì a Londra dove conobbe
Mazzini e modificò il proprio programma in senso unitario. Ma
nel 1859 ritornò in Sicilia a suscitarvi la rivoluzione. È
suo merito di avere suscitato e sospinto la impresa dei Mille.
Durante la spedizione divenne segretario di Stato della
Dittatura (maggio 1860) e provvide allorganizzazione e
allamministrazione dellIsola. Al fine supremo
dellunificazione italiana dovette convertirsi alla
monarchia. Celebre la sua frase: «La Monarchia ci unisce»,
ormai, con i tempi nuovi, rovesciata. Più volte Ministro e
Presidente dei Ministri, concluse lalleanza italo-tedesca.
Un suo grave errore: Nelle insurrezioni dei Fasci Siciliani
dei Lavoratori (1894) egli Presidente dei Ministri, anziché
studiare i mezzi per risolvere i disagi dei lavoratori stessi,
provvide con lo stato di assedio, generando profonda amarezza
nei Siciliani. Seguì una politica coloniale che segnò la
fine della sua carriera politica.
Giacomo
Cusimano
il medico sacerdote detto il «servo dei poveri», morì a
soli 54 anni nel 1888. Fondò a Palermo e in diversi centri
della Sicilia il «Boccone del Povero» per il ricovero e
lassistenza degli orfani, vecchi ed infermi. Alessio Di
Giovanni scrisse di Lui «Benestante, sacrificò le proprie
ricchezze per prodigarle ai poveri; medico valente e stimato
abbandona la lucrosa professione dun luminoso avvenire, per
farsi umile fra gli umili: infermiere, servo, postulante, non
per se, ma per i poveri di Cristo. Così egli compra terreni,
fabbrica case ed opifici, accoglie a braccia aperte vecchi e
inabili ragazze pericolanti, orfani derelitti, senza contarne
mai il numero, senza perder mai la sua angelica serenità,
nemmeno quando non ha un centesimo in cassetta, né un tozzo
di pane in dispensa né letti, né nulla. E il Signore spesso
provvedeva in una maniera inaspettata ed impressionante, che
destava meraviglia».
Damocle
fu cortigiano di Dionigi, tiranno di Siracusa. Egli soleva
magnificare la sorte, la ricchezza e la potenza del suo
signore. Ma questi, per fargli capire che la vita del tiranno
non è tutta rose, lo fece sedere con sé a lauta mensa, ma
con una pesante spada appesa al soffitto per un crine di
cavallo in direzione della testa. Sicché di momento in
momento il filo si poteva rompere e la spada conficcarglisi
sul suo capo. Damocle, atterrito, pregò Dionigi di essere
dispensato dallalto onore di sedere alla mensa reale. Da ciò
la frase «Spada di Damocle» per dire pericolo o minaccia che
non dà requie.
Diodoro
d'Agira, detto siculo
Nato in Agirum, oggi San Filippo di Argirò. Visse sotto
Giulio Cesare ed Augusto. Visitò la Grecia, lAsia,
lEgitto, lEuropa e fu anche a Cartagine. Scrisse, in
trenta anni di fatica, la Storia del generale, in quaranta
libri. Di essi non ne restano che quindici. Incominciò con i
fatti accaduti prima della guerra di Troia e finì con la
guerra di Cesare nelle Gallie. Consultò Tucidide, Senofonte,
Apollodoro, Timeo ed altri. I suoi libri sono ancora fonte
preziosissima di notizie. Morì a Roma a 77 anni.
Empedocle (495-435
a.C.)
Nacque in Acracante (Agrigento). Indefesso studioso e di
profondo ingegno, fu filosofo, medico, botanico, architetto,
ingegnere idraulico riuscendo valente in ogni scienza; oratore
insigne, poeta celebratissimo dagli antichi. Fra i suoi poemi
e celebre quello della «Natura delle cose» del quale
rimangono pochi frammenti. Si trovano ricordate le sue teorie
in opere di Platone, Aristotile, Cicerone ed altri. Amante
della libertà, non volle essere re degli Acracantini, ma
raffrenò, con lelemento democratico lantica oligarchia
(cioè il dominio violento di poche persone) della
città gloriosa. Perseguitato però dagli oligarchici fu
costretto ad esulare. Si dice che Empedocle animato dal
desiderio di investigare i fenomeni dellEtna si spingesse
sin dentro il cratere del vulcano, ma, per disgrazia, vi
precipitò dentro.
Falaride
Tiranno molto crudele di Agrigento, morto nel 555 a.C., fu
amante della sapienza e dei sapienti. Tante volte però si
dimostrò umano, forse perché le sue efferatezze erano per
lui di fine politico. Uno scultore a nome Pericle (o Perillo),
per ingraziarsi il tiranno e farlo divertire, costruì un toro
di bronzo, fatto in modo da rinchiudervi un uomo e farlo
morire fra orribili strazi, anche per il fuoco che si sarebbe
acceso allesterno, per riscaldare il bronzo; e i gemiti
della vittima sarebbero usciti dalla bocca dellanimale come
veri muggiti. Falaride, invece di gradire lorribile dono,
ne fu tanto indignato che ordinò di rinchiudervi lo stesso
artefice per sperimentare lorribile strumento. Infatti
Pericle vi morì fra atroci spasimi, subendo la sorte che egli
aveva ideato per gli altri.
Federico II di Honenstaufen (Jesi 1194 - Lucera 1250)
Figlio di Enrico IV e di Costanza dAltavilla, nipote di
Federico I di Svevia (Barbarossa). Imperatore del Sacro Romano
Impero. Nel 1208 assunse il governo del regno di Sicilia e
Puglie. Molte e difficili furono le sue vicende politiche e
guerresche. Ci limitiamo a dire che fu un uomo di cultura,
legislatore tempra di principe illuminato del Medioevo. Le
maggiori cure dedicò al regno di Sicilia, ove tenne splendida
corte in Palermo. Fondò lUniversità di Napoli e nuove
città. Incoraggiò le attività economiche; promulgò le
celebri costituzioni di Melfi. Coltissimo (conosceva cinque
lingue, e in Sicilia parlava il siciliano). Amò circondarsi
di dotti. Fu egli stesso scrittore e poeta. A lui si deve il
sorgere di quella Scuola Siciliana che fu culla della poesia
italiana.
Iceta
Fu un grandissimo scienziato e geografo, nato a Siracusa
cinquecento anni circa prima della venuta di Gesù Cristo al
mondo. Egli fu il primo ad affermare che la Terra è un corpo
di forma sferica e rotea incessantemente nellinfinito
spazio, senza essere sospeso o appoggiato ad alcun cardine.
Spetta pertanto ad un Siciliano il merito di avere intuito e
risolto una profonda e difficile questione astronomica, che
solo molti secoli dopo la scienza poté provare.
Manfredi (Palermo 1232 Battaglia di Benevento
1266)
Figlio di Federico II e di Bianca Lancia. Re di Puglia e di
Sicilia; ricordato da Dante nel terzo canto del Purgatorio.
Uomo dingegno; curò le armi e le lettere. Amava le musica
e si dilettava di cantare e suonare. Incoraggiò le Accademie
di Palermo e di Napoli. Vissuto in tempi difficili, nella
lotta tra il papato e il suo regno. Assolse con onore e
coraggio diversi importanti incarichi affidatigli dal padre.
Fu incoronato re nella Cattedrale di Palermo nel 1258. Il papa
Urbano IV gli mise contro Carlo dAngiò, ma pur non
tremando di fronte al forte esercito di costui, fu sconfitto
ed ucciso presso Benevento. Con lui fini la dinastia degli
Hohenstaufen.
Giovanni Meli (Palermo1740 - 1815)
Sommo poeta vernacolo siciliano, detto per certi aspetti, il
Dante della Sicilia. Esercitò giovanissimo la professione di
medico nel comune di Cinisi. Chiamato poi alluniversità di
Palermo vinsegnò, con speciale competenza, chimica e
botanica; delle quali materie lasciò importanti scritti
scientifici. Sceverò nella sua feconda produzione letteraria
lanima del popolo siciliano, esponendola con espressivi
versi, così da fare apparire moventi le scene con locchio
della fantasia, e dando ad essi, oltre il pensiero, musicalità,
sentimento e contenuto. Seguì le nobili tradizioni del
Veneziano e del Rau. Sue opere principali sono: La Bucolica;
La Fata galante; Don Chisciotte e Sancio Panza; Sarudda.
Giuseppe Mulè (Termini Imerese 1885 - Roma 1951)
Distinto musicista. Volle sepoltura nella sua terra «dei
canti e dei fiori». Fu direttore dei Conservatori di Palermo
e di Roma. Sue opere «Baronessa di Carini», «Al lupo», «Dafni»
«Liolà», «La monacella», ecc., pervase tutte da musica
moderna a sfondo siciliano. Riuscitissime le composizioni per
drammi mistici, nelle Rappresentazioni classiche di Siracusa.
Il suo «Largo» composto agli albori della sua carriera,
rapisce lo spirito.
Pietro Novelli (1603 - 1647)
Nacque a Monreale e morì a Palermo. Pittore immaginoso e
forte. Lasciò una infinità di lavori, tra i quali,
notevolissimi, a Monreale; il «San Benedetto» nellex
monastero dei Benedettini e il «SantAntonio Abate» nella
chiesa de1 Carmine di Palermo; la « Maddalena» nella chiesa
di Santa Zita e il «San Filippo dArgirò» nella chiesa di
Gesù, a Casa Professa; e nella chiesa di San Martino delle
Scale un altro «San Benedetto» che è di una vivezza estrema
e duna efficacia possente.
Nicolò Palmeri (Termini Imerese 1778 - 1837)
Studiò profondamente storia naturale, algebra, geometria,
matematica sublime, fisica sperimentale, eloquenza, economia
politica, agricoltura e legge. Il Parlamento siciliano lo ebbe
nel 1812 e redisse, con Paolo Balsamo, la nuova costituzione
siciliana. Come attore e come storico, delineò e discusse il
suo «Saggio storico e politico sulla costituzione del regno
di Sicilia fino al 1816» per cui egli scrisse che lo storico
deve abbracciare «con sagace discernimento dei fatti stessi,
che narra, quali siano state le forme politiche con cui i
popoli si sono retti; quali le loro civili consuetudini; la
religione; il numero degli abitanti; le sorgenti della
pubblica e privata ricchezza; le lettere; le scienze; le
arti... cause dellincremento o della decadenza. Allora la
storia è scienza, e forse più utile di tutte». Scrisse
inoltre: «Cenni storici sulla rivoluzione del 1820 in Sicilia»
e molti opuscoli riguardanti la tecnica agraria e
leconomia.
Enrico Petrella (1813 - 1887)
Palermitano, morì povero allospedale di Genova. Suo
capolavoro «Jone» che comprende la famosa marcia funebre,
palpitante e sublime pagina musicale che si ascolta sempre con
accorata commozione.
Giuseppe Pitrè (Palermo 1841 - 1916)
Medico, folclorista insigne. Storico. Professore di
demopsicologia nellUniversità di Palermo. Raccolse e studiò
le tradizioni popolari (usi, costumi, spettacoli, feste, ecc.)
Formò così la sua monumentale Biblioteca delle tradizioni
popolari siciliane in 24 volumi. Pregevoli monografie
precedono i Canti popolari, le Novelle, i Proverbi, gli
Indovinelli, i Giuochi fanciulleschi. Organizzò a Palermo un
prezioso Museo Etnografico Siciliano, oggi nella Casina Cinese
alla Favorita, a Palermo. Fu Presidente dellAccademia di
Scienze, lettere ed Arti; dellAccademia di Medicina; della
Società di Storia Patria e Socio di moltissime Accademie e
Istituti scientifici stranieri.
Domenico Scinà (Palermo 1765-1837)
Profondo negli studi sperimentali e nella storia. Fu il primo
ad insegnare Fisica allAccademia di Palermo e ne pubblicò
gli «Elementi». Ottenne lodi dai più grandi cultori
dItalia. Per la storia, il suo campo fu la Sicilia «degna
di essere oggetto di studio e di contemplazione dei più
grandi intelletti che hanno saputo apprezzare ed illustrare le
sue glorie antiche e moderne» (Matteo Musso). Scrisse
lelogio di Maurolico, la Vita di Empedocle; un discorso
sopra Archimede. Pubblicò la «Storia letteraria di Sicilia»
mostrando come la civiltà procede col movimento delle lettere
e delle scienze. In seguito comparvero due volumi «Primo
periodo della letteratura greco-sicula». Si aspettava il
terzo, ma il nefasto colera del 1837, gli troncò la vita,
insieme ad innumerevoli insigni cittadini.
Ruggero Settimo (Palermo 1776 - 1863)
Legato alla storia della gloriosa rivoluzione siciliana del 12
gennaio 1848, ne fu il Presidente del Governo che ne consegui.
Della famiglia dei Principi di Fitalia e Marchesi di
Giarratana aveva il privilegio di portare lo stendardo davanti
al sovrano. Imbarcato nella R. Marina, per nobile carriera,
rese importanti servizi in ispecie per la distruzione dei
corsari. Nel 1812 fu nominato Ministro della Guerra e Marina e
Retroammiraglio. Fu amico intimo di Carlo Cottone. Al ritorno
dei Borboni nel 1849 si esiliò a Malta. Dopo i fatti del
1860, Vittorio Emanuele II lo nominò Presidente del Senato
italiano. Ma la morte lo colse, la sua salma riposa al
Pantheon di San Domenico in Palermo. La bella statua che sorge
nella piazza del Politeama di Palermo, dello scultore Delisi,
lo rappresenta nellausterità del suo animo nobilissimo.
Stenio
Cittadino leale. Termini Imerese, al tempo delle lotte tra
Mario e Silla, era in potere di Roma. Il capo della città,
Stenio, avvalendosi del suo ascendente e della sua autorità,
aveva indotto i Termitani a porsi dalla parte di Mario contro
Silla. Ma prevalso Silla essi si trovarono alla mercé del
nemico. Silla, per vendicarsi, inviò un esercito, al comando
di Gneo Pompeo, per punire la città di Termini e
distruggerla. Quando le milizie furono alle porte della città,
Stenio si presentò, solo, a Pompeo e gli disse: Non punire, o
Pompeo, la mia città. Io solo sono il colpevole, perché io
solo persuasi i miei concittadini a seguire le sorti di Mario.
Punisci me solo. Pompeo, ammirando la generosa lealtà di
Stenio, non solo risparmiò ogni offesa a Termini, ma volle
annoverare Stenio fra i suoi amici. Questo episodio, raro
esempio di coraggio civile, tramandatoci da Plutarco, è uno
dei più memorabili fatti che onorano la nostra gente.
Enrico Albanese (Palermo1834-1896)
Chirurgo, patriota, filantropo. Cospiratore dei moti del 4
aprile 1860. Seguì Garibaldi anche in prigionia. Ad
Aspromonte gli curò la ferita. Intermediario fra Garibaldi e
Vittorio Emanuele II. Valoroso medico e combattente fino a
Bezecca, meritò alte lodi ed attenzioni ufficiali. Fronteggiò
a Palermo, noncurante di sè, le epidemie coleriche del 1867 e
1385. Professore di anatomia topografica dellAteneo
palermitano e Direttore della Clinica chirurgica. Aprì per
primo in Sicilia la lotta contro la tubercolosi. Fondò
pertanto lOspizio Marino, che porta il suo nome, per la
difesa della razza e per il recupero dei deformi. Fu rimpianto
dagli umili da lui beneficati e dagli eminenti uomini del suo
tempo, fra cui Giosuè Carducci.
Guglielmo Albimonte & Francesco
Salomone
Il primo palermitano e il secondo da Sutera (Caltanissetta),
furono due dei tredici Italiani, i quali, nella famosa disfida
di Barletta del 13 febbraio 1503, vinsero i Francesi, che
avevano inopinatamente vilipeso il valore della nostra gente.
Essi, insieme, uccisero il primo Francese e costrinsero gli
altri alla resa tirandoli giù da cavallo.
Michele Amari (Palermo 1806 - Firenze 1889)
Illustre storico arabista e uomo politico insigne. Agitò
teorie, federaliste. Costrette ad esulare, tornò, in patria.
nel 1843. Di nuovo esule Parigi compose lopera sua più
importante «Storia dei Musulmani in Sicilia». Ritornato, in
Sicilia con Garibaldi, fu ministro sotto la sua dittatura
(1860). In seguito fu deputato, senatore, ministro della P. I.
del Regno. Storico profondo e geniale e narratore efficace,
lasciò «La storia del Vespro siciliano» e altre opere
minori sulla storia dellIsola, tra laltro «Le epigrafi
arabiche di Sicilia trascritte, tradotte e illustrate».
Stanislao Cannizzaro (Palermo 1826 - Roma 1910)
Sommo chimico. Terzo dopo Volta e Matteucci, ebbe
dallAssociazione Britannica la «Medaglia Copley» e la «Medaglia
Lovoisier» dellIstituto di Francia. Patriota del 1848 a
Palermo, e deputato. Dovette poi fuggire a Marsiglia. Preparò
col suo sale, la calcio-cianamite. Scoprì la regola per la
preparazione degli alcolici aromatici (Reazione Cannizzaro).
In un congresso mondiale di chimici dimostrò - sostenendo
ardite polemiche - la nessuna differenza tra chimica organica
e inorganica, nonché la determinazione dei pesi atomici. Fece
ravvedere da false teorie i chimici del suo tempo, traendone
realistiche conseguenze. «Dalla scuola di tale illustre
ingegno nacquero risultati e si formarono uomini che
influirono non solo sulla chimica italiana ma anche su quella
mondiale». Tenne la cattedra dellUniversità di Palermo.
Poi a Roma, ove formò il primo laboratorio di chimica, con
criteri moderni. Scrisse opere di massima importanza sulla
materia da lui trattata.
Stesicoro (Imera 638 a.C. - Catania 555
a.C.)
Suo vero nome fu Tisia, soprannominato Stesicoro, che
significa ordinatore di cori. A lui spetta la determinazione
della forma triadica della lirica corale. Poeta grandissimo,
fu reputato il secondo Omero. Dellopera sua in 26 libri (di
cui ne rimangono pochi frammenti) si ricordano i componimenti
di forma narrativa: «Giochi funebri in onore di Pelia» «Caduta
di Troia» «Ritorni» «Elena» «Palinodia». Scrisse nel
dialetto dei greci-dorici, ma rivoluzionò il linguaggio e il
contenuto della melica corale. La statua che gli Imeresi gli
eressero fu ammirata e descritta da Cicerone: «... Stesicoro
- scrisse costui - il cui nome e la cui fama sono in così
grande onore in tutta la Grecia».
Antonio Veneziano (Monreale
1543 - Palermo 1593)
Studiò a Monreale, a Palermo, a Messina, a Roma dove dettò
lezioni di belle lettere. A Padova professò leloquenza.
Temperamento irrequieto. Recatosi per mare, in Ispagna con Don
Carlo dAragona, fu tratto prigioniero ad Algeri, per
qualche anno. Le sue ingegnose satire politiche gli
procurarono lesilio perpetuo a Pantelleria, ma per
intercessione della nobiltà ne fu richiamato. Ma poi fu
rinchiuso nelle prigioni di Castellammare a Palermo, dove perì
per lo scoppio della polveriera. Scrisse molto in latino,
gareggiando con i migliori umanisti del suo secolo; in greco,
in italiano e in siciliano. La sua fama è affidata ai suoi «proverbi»,
e alle poesie in dialetto, in ispecie del suo volume «Celia».
Lionardo Vigo (Acireale 1799 - 1879)
Fu scrittore di profonda e vasta erudizione. Ebbe alto
sentimento del valore e della grandezza della propria Isola.
E, come Gioberti per lItalia, egli nel suo poema «Atlantide»
rimasto manoscritto, affermò il primato della Sicilia nella
civiltà dellEuropa meridionale. In tutte le sue
manifestazioni egli portò limpronta di sicilianità e
lorgoglio della propria terra. Attribuì grande importanza
allo studio delle tradizioni e dei costumi popolari, e lasciò
una copiosa raccolta dei canti popolari tradizionali. Ardente
poeta scrisse un poema «Ruggero» nel quale sispirò
allindipendenza della Sicilia.
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