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Vincenzo Bellini |
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Vincenzo Salvatore
Carmelo Francesco Bellini (1801-1835)
Sommo musicista siciliano. Visse soli 34 anni e fu un
genio. Catania gli diede i natali e finì i suoi
giorni a Puteaux presso Parigi. Lasciò agli uomini le
sue angeliche note che lo ricordano con ammirazione e
commozione. A sette anni scrisse tre composizioni di
musica sacra. Presto si rivelò esperto nelle
esecuzioni musicali. Ottenne pertanto una borsa di
studio di 36 onze e avviato agli studi al
Conservatorio di Napoli. Compose numerose opere fra le
quali eccellono Norma, Puritani, Sonnambula, Catania
onora limmortale suo figlio con un superbo
monumento dello scultore Monteverdi, con la Piazza
Bellini, con la Villa Bellini e con la tomba di lui
nella Cattedrale. Lesaltazione, più degna di
Bellini sta nellepigrafe del grande letterato
Rapisardi, che si leggeva sulla porta del Duomo di
Catania il giorno in cui ne riceveva la salma:
«Questa basilica - In cui dormono dimenticate, - Le
ossa di tanti re - Diverrà da questo giorno famosa -
Per la tomba di Vincenzo Bellini». |
Biografia:
Nato :a
Catania (Sicilia) il 3 nov. 1801 Morto a Puteaux
(Francia) il 23 set. 1835
Compositore siciliano. Sin da bambino diede a vedere
una spiccata predisposizione per la musica, l'aveva
nel sangue. Gli era stata trasmessa dal vecchio don
Vincenzo Tobia Bellini, suo nonno (originario
dell'Abruzzo, a Catania nella seconda metà del
Settecento e divenuto maestro di cappella del principe
di Biscari) e poi dal padre, Rosario, (nella natia
Catania svolgeva funzioni di maestro di cappella e
insegnante di musica, organista e compositore) anche
lui apprezzato musicista, ma sempre in bolletta e alle
prese con la vita di tutti i giorni, tanto avara.
Sposando Agata Ferlito, il 17 gennaio 1801, il giovane
Rosario aveva messo casa in un appartamento al primo
piano del palazzo Gravina-Cruyllas di fronte alla
chiesa di San Francesco e con tre balconi sulla via
del Corso. Ma dopo la nascita di Vincenzo (nella notte
fra il 2 e il 3 novembre 1801) e degli altri figli
(Carmelo, Francesco, Michela, Giuseppa, Mario e Maria),
la famiglia, ormai numerosa, fu costretta a sloggiare
per trasferirsi in una casa ancor più modesta, in via
S. Agostino, a due passi dall'abitazione di don
Vincenzo Tobia, che già da qualche tempo impartiva
lezioni al promettente nipote, tirandoselo dappresso
anche quando suonava nei salotti dell'aristocrazia e
nelle chiese, per cui in breve tempo quel ragazzino,
grazioso e simpatico era noto in tutta Catania. Nel
1819, Vincenzo ottenne dal Decurionato di Catania una
sovvenzione (borsa di studio) di onze 36 per anno e
per lo spazio di 4 anni - 459 lire - per il
proseguimento dell'istruzione a Napoli, dove prese
subito dimora iscrivendosi al reale collegio di musica
S.Sebastiano e avendo a maestri G. Furno, Giacomo
Tritto e Antonio Nicola Zingarelli. Fu quest'ultimo,
in particolare, a indirizzarlo verso il melodramma di
scuola napoletana e le opere strumentali di Franz
Joseph Haydn e Wolfgang Amadeus Mozart. Prolifico
compositore di musica sacra, ariette, musica
strumentale e da camera, Bellini concluse il corso di
composizione presentando un'opera semiseria, Adelson e
Salvini (1825); l'opera ebbe grande successo e il
Teatro San Carlo di Napoli gliene commissionò subito
un'altra, Bianca e Fernando (il cui titolo diventò
poi Bianca e Gernando) allestita nel 1826.
Con questi successi Bellini ripagò la fiducia
accordatagli dal Decurionato catanese che si era
assunto le spese degli studi del promettente
giovanetto, il quale fin dalla più tenera età aveva
rivelato uno spiccato talento musicale, tanto da
scrivere ad appena sei anni la sua prima composizione
(Gallus cantavit).E per i circoli della nobiltà il
piccolo Bellini scrisse le sue prime ariette e
probabilmente qualche brano strumentale. Nel 1819 il
balzo a Napoli con la retta pagata dal Comune. Furono
anni di studio severo e anche di più serie e
impegnative composizioni, che rivelavano già il
taglio del musicista di talento e ormai maturo a
spiccare il volo verso i massimi teatri del mondo.
Riconoscimenti confermati l'anno dopo (1826) quando al
San Carlo, presente il re di Napoli Francesco I, il
suo secondo lavoro, Bianca e Gernando, aveva ricevuto
applausi unanimi, spontanei, davvero incoraggianti
anche nelle ventiquattro repliche dell'opera. E
infatti, dopo le due opere a Napoli, eccolo a Milano
(1827); approdò alla Scala, chiamato dall'impresario
Domenico Barbaja, e il 27 ottobre dello stesso anno
presentò su libretto di Felice Romani (che scriverà
per lui anche i versi per le successive sei opere), Il
pirata. Un vero trionfo, che schiuse al musicista ogni
strada, facendogli scordare così l'infelice flirt
napoletano con Maddalena Fumaroli, andato a monte per
l'ostilità del padre della fanciulla (che morirà
qualche anno dopo). Con quest'opera cominciò anche la
feconda collaborazione di Bellini con il tenore
Giambattista Rubini (che terrà a battesimo quasi
tutti i suoi lavori), come stretti saranno i legami
con Giuditta Pasta.Le opere di maggior rilievo di
Bellini nacquero nel breve arco di tempo che va dal
1827 al 1835. Si tratta di una produzione non certo
copiosa, e questo non solo per la breve vita del
compositore, ma soprattutto per il suo modo di
intendere la composizione. In contrasto con
l'affannosa prolificità degli altri operisti
dell'epoca, costretti da esigenze impresariali a
massacranti tours de force, Bellini dichiarò di non
voler scrivere più di un'opera all'anno, per
potervisi dedicare completamente. Come scrisse in una
lettera, era persuaso che il successo di un'opera
dipendesse "dalla scelta di un tema interessante,
da accenti caldi di espressione, dal contrasto delle
passioni". Un'attenta gestione dei suoi guadagni
lo mise in condizione di attuare questo programma.
Nacquero così, una all'anno, le opere che
consacrarono la fama di Bellini in Europa e che ne
fanno ancora oggi l'esponente più puro del
romanticismo musicale italiano: La straniera (1829), I
Capuleti e i Montecchi (1830), La sonnambula (scritta
nel gennaio e febbraio del 1831 il suo primo
capolavoro, su testo del Romani. Il successo
dell'opera venne decretato la sera del 6 marzo 1831
sulle scene del Carcano di Milano, con Giuditta Pasta
e Giambattista Rubini interpreti principali. Dalla
Sonnambula in avanti si schiudono al compositore le
vie del consenso intellettuale europeo ) e Norma
(1831).La serie
di successi fu interrotta solo nel 1829 dal fiasco di
Zaira, composta per l'inaugurazione del rinnovato
Teatro Ducale di Parma. Dopo l'intervallo di un
viaggio in Sicilia (1832) compiuto in compagnia
dell'amico F.Florimo, Bellini compose la sua penultima
opera, Beatrice da Tenda (1833), che ebbe scarsissima
fortuna, fu accolta con poco calore al Teatro La
Fenice di Venezia, segnando la definitiva rottura di
Bellini con la Turina ed il Romani e, indirettamente,
il suo ingresso ufficiale nella mondanita' europea. A
Londra e Parigi, conteso dai salotti, Bellini
incontro' la Malibran, Heine, Chopin, Musset, Liszt e
si lego' d'amicizia con Rossini che fu prodigo di
suggerimenti durante la composizione della nuova
opera, I Puritani e i Cavalieri. Nel 1834 Bellini
accettò di comporre un'opera per il Theatre Italien
di Parigi, I puritani, che venne rappresentata nel
1835 e fu il suo ultimo lavoro.
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Quando
Heinrich Heine, il bizzarro poeta tedesco, nel
salotto parigino di Cristina Trivulzio,
principessa di Belgioioso, predisse a Vincenzo
Bellini che sarebbe morto giovane, non
immaginava certo che quella frase, detta forse
soltanto per far dispetto a quel musicista che
arrivava dall'estremo sud e che gli era in
quel momento piuttosto antipatico perché si
muoveva con garbo, con civetteria ed era
sempre elegante fino all'affettazione, di lì
a qualche anno gli avrebbe procurato la
patente di menagramo. Era il 1833.
Al bel catanese restavano poco meno di due
anni di vita e nulla allora lasciava prevedere
(anche, se fin dal '30, talvolta in maniera
violenta, si era manifestato il male che lo
avrebbe portato alla tomba, una tremenda
febbre infiammatoria gastrica biliosa, diceva
lo stesso Bellini) una fine così imminente e
dolorosa. Il musicista anzi appariva in forma
e come sempre era al centro del generale
interesse, adulato - soprattutto dalle più
belle donne di Parigi - inoltre, stava per
concludere l'accordo con il Theatre Italien
per I Puritani, data il 24 gennaio del 1835
con trionfale successo. Le ovazioni degli
spettatori e le simpatie, peraltro, avevano
accompagnato Bellini ininterrottamente (tranne
qualche angustia iniziale per Zaira, Norma e
Beatrice di Tenda, subito però riscattata da
convinti consensi del pubblico e della
critica) da undici anni, da quando cioè,
ventiquattrenne, nel teatro del Reale
conservatorio napoletano di San Sebastiano,
dove aveva compiuto gli studi, aveva
presentato la sua prima opera, Adelson e
Salvini. |
La fama del
maestro catanese varcò presto anche le Alpi.
Il pirata fu acclamato a Vienna, mentre il
maestro stabiliva il centro dei suoi interessi
musicali, economici e anche amorosi a Milano,
città nella quale risiedette
ininterrottamente fino al 1833, accolto e
richiesto nei circoli della migliore società:
"Viveva esclusivamente delle scritture
teatrali e, a differenza dei suoi colleghi
Rossini, Pacini, Mercadante, non assunse mai
nessun ufficio, per esempio di insegnante di
conservatorio o di direttore musicale di
teatro d'opera. Per contro, seppe smerciare le
proprie opere in Italia assai più care della
media corrente e inoltre visse per mesi ospite
nelle ville di campagna delle famiglie Cantù
e Turina. Con Giuditta Turina, moglie infelice
del latifondista e fabbricante di seta
Ferdinando Turina, Bellini ebbe
un'appassionata relazione amorosa iniziata
nell'aprile del 1828 a Genova, dove il
compositore aveva inaugurato con successo il
teatro Carlo Felice con la seconda versione
dell'opera Bianca e Fernando, e durata fino al
1833" (Friedrich Lippmann). |
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Festival radiofonico Siciliano:
Tappe feconde della vita e dell'attività
artistica del giovane siciliano furono La
straniera (Scala, 14 febbraio 1829), per la
quale il Decurionato catanese gli fece coniare
una medaglia d'oro (Vinc. Bellini catanensis
musicae artis decus , vi era inciso da un
lato, e Meritis quaesitam patria - MDCCCXXIX,
dall'altro); Zaira (data al teatro ducale di
Parma il 16 maggio 1829 alla presenza
dell'arciduchessa Maria Luisa vedova di
Napoleone con un insuccesso iniziale); I
Capuleti e i Montecchi (presentata al teatro
La Fenice di Venezia l'11 marzo 1830, ebbe -
sono parole di Bellini - successo strepitoso e
fu dedicata dal musicista ai propri
concittadini); La sonnambula (teatro Carcano
di Milano, 6 marzo 1831, protagonisti Giuditta
Pasta e il tenore Rubini); e il grande
capolavoro Norma (teatro alla Scala, 26
dicembre 1831, con Giuditta Pasta e Domenico
Donzelli, caduta alla prima per l'ostilità
del partito avverso, capeggiato dalla contessa
Giulia di Samayloff, amante di Giovanni Pacini,
ma riscattatasi immediatamente nelle
successive repliche). Dopo un viaggio in
Sicilia nella primavera del 1832 per rivedere
i familiari e la città natale, il 16 marzo
del 1833 al teatro La Fenice di Venezia
Bellini presentò Beatrice di Tenda: ma
l'opera - scrissero i giornali non ebbe
alcuna fortuna; il pubblico, poveretta!, non
la confortò di nessun lieto viso e il maestro
se la vedeva correre verso il suo destino
senza che nessuno si rammentasse di lui. Ma
anche stavolta, nelle repliche, arrivarono i
consensi del pubblico e dei critici. Nello
stesso anno, il maestro si recò a Londra
dove, interpreti Giuditta Pasta e Maria
Malibran (nuova fiamma del catanese), le opere
belliniane ottennero altri trionfi. Si
registrò addirittura un fatto nuovo - sono i
giornali londinesi a rivelarlo nei fasti
teatrali di questo Paese: si dovette rialzare
la tenda per ripetere la stretta finale
dell'opera (I Capuleti e i Montecchi). |
Da
Londra, a Parigi. All'inizio del 1833 si trasferì a
Londra per alcuni mesi; di lì si spostò poi a
Parigi, dove morì due anni dopo. Nella capitale
francese altre grandi accoglienze al musicista e alle
sue opere. Bellini fu subito assorbito dai circoli
culturali, politici e aristocratici, ma soprattutto da
quelli artistici che ruotavano attorno a Rossini,
Chopin, Franz Listz, Luigi Cherubini, Alessandro Dumas
e Victor Hugo. E anche dai salotti: Le serate, i
balli, i pranzi - scrisse - mi hanno fatto guadagnare
una specie di mal di testa. Al Teatro degli Italiani,
il 24 gennaio 1835, attesissima, andò in scena la sua
ultima opera, I Puritani, su libretto di Carlo Pepoli,
(al quale, in una lettera del giugno 1834 Bellini
scrive: scolpisci nella tua testa a lettere
adamantine: il dramma per la musica deve far piangere,
inorridire, morire cantando...) interpreti Giulietta
Grisi, Rubini, Tamburini e Luigi Lablanche. Il
successo fu senza precedenti: tutte le donne
sventolavano i fazzoletti, tutti gli uomini agitavano
in aria i cappelli. Ma pochi mesi dopo venne,
improvvisa, la fine del musicista: spirò mentre
infuriava un temporale, in una isolata villa di
Puteaux, un sobborgo di Parigi. Era il 23 settembre
1835. Al suo capezzale, inginocchiato, soltanto il
giardiniere. Samuele Lewis e sua moglie, che gli
avevano messo a disposizione la loro casa fin dal suo
arrivo a Parigi, erano partiti un'ora prima per ignota
destinazione, lasciando morente il loro giovane e
celebre amico. Perché? Non s'è mai saputo.
Quarantuno anni dopo, la salma di Bellini fu traslata
a Catania. Da allora il Cigno riposa nella Cattedrale.
La
Villa Bellini di Catania
la
Villa Bellini di Catania
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Villa
Bellini ingresso
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Teatro
Massimo
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A
lu munumentu di Bellini |
La
musica di Bellini è un singolare connubio tra
classicità e romanticismo. Classicista era la
formazione tradizionale ricevuta a Napoli, e anche una
personale tendenza a valori poetici come armonia e
compostezza; Gioacchino Rossini fu non a caso un
modello da lui molto ammirato. Romantico era invece il
pathos delle sue opere, l'importanza che le passioni e
i sentimenti assumono nelle vicende rappresentate. Il
punto di raccordo fra le due tendenze è la melodia, che
senza venir meno a una classica sobrietà crea
atmosfere sognanti, sensuali e notturne in linea con
il gusto dei tempi nuovi.
Sutta
lu tettu di l'eterna Arcania,
'ntra menza chiazza 'nfacci a lu punenti,
quasi pricisu 'ncentru di Catania,
c'è 'munumentu a la divina menti,
ch'è di marmuru jancu ed quatratu
d'un disignu billissimu e 'ccillenti,
ogni statula
teni la figura
ccu li so' sprissioni naturali
criati d'un gran mastru di scultura
cchiù supra comu vesti di finali
'ncurniciuni, ca porta e fa di cruna
na basa ccu la stemma musicali,
|
'ncima 'na nubilissima putrunadi
marmuru, e na 'statula assittata
ca rapprisenta Billini 'npirsuna,
ca 'spira, la sò, musica biata.
Santo Battiato, Catania, 1935
na culonna c'è
misa pr' ogni latu
ccu quattru cancillati ccu li 'n signi
di l'arti bedda ca natura ha datu,
teni scurpiti tri palori insigni
e comu acchiana quasi ammenza artura
cci sunnu li quattr'opiri cchiù digni,
|
Catania dei
primi dell'800 fa da sfondo ad una delicata e
struggente storia d'amore tra due giovani, colmi
dell'impulsività e delle illusioni di chi poco
conosce la vita. Un Bellini non ancora
diciottenne, combattuto tra l'amore per la
musica e quello per Marianna, affascinante
figura di donna, appassionata e generosa al
punto da sacrificare tutto pur di non tarpare le
ali al suo Cigno.
Una storia d'amore che ancor oggi si racconta e
si ricorda a Catania, quella di Bellini e
Marianna, un enigma destinato a non essere mai
risolto, e del quale Santo Sgroi offre la sua,
personalissima ma forse non tanto lontana dalla
verità, soluzione.
Opere
Adelson e Salvini (12.2.1825 Napoli, Teatro del
Conservatorio di S. Sebastiano,) Bianca e
Gernando (30.5.1826 Napoli, Teatro San Carlo) Il
pirata (27.10.1827 Milano, Teatro alla Scala)
Bianca e Fernando (7.4.1828 Genova,Teatro Carlo
Felice)[Bianca e Gernando ] La straniera
(14.2.1829 Milano, Teatro alla Scala) Zaira
(16.5.1829 Parma, Teatro Ducale) I Capuleti e i
Montecchi (11.3.1830 Venezia, Teatro La Fenice)
Beatrice di Tenda (16.3.1833 Venezia, Teatro La
Fenice)
Tringale
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